mercoledì

La Serendipity del pinguino

Cos’era successo?

improvvisamente tre macchie di colore erano emerse in superficie, staccandosi dalla grigia monotonia dello sfondo. in mezzo a quel piatto mare d’indifferenza alcune note avevano preso a stonare, come pixel mal funzionanti in un televisore.

gli occhi ancora gonfi dal pianto cominciano a brillare di una nuova luce: c’era riuscito, aveva raggiunto il suo scopo. certo, non erano che tre cellule impazzite in un organismo ben più vasto, e quindi a malapena degne di nota, ma queste sarebbero state l’incipit, le prime tessere del domino, le radici di un tumore che avrebbe avuto la possibilità di crescere, crescere, finché non fosse stato abbastanza grande da porre la colonia di fronte a una scelta: estirparlo, oppure divenire parte di esso.

molto del futuro sviluppo di questa storia sarebbe dipeso dalle prossime azioni del pinguino: si sarebbe posto alla guida dei suoi nuovi tre compagni, rendendoli partecipi della sua utopia? oppure avrebbe preferito continuare da solo la sua battaglia contro la natura? avrebbe cozzato contro l’impossibilità fisica del volo, o non dandosi per vinto avrebbe continuato testardo a cercare nuovi modi per conquistare il cielo? ad essere sinceri, non saprei dirlo. ad essere veramente del tutto sinceri, a nessuno interessa scoprire l’esito della folle lotta di uno stupido pinguino disperso fra ghiacci dell’artico contro la forza di gravità.

piuttosto, ciò su cui davvero varrebbe la pena soffermarsi, è il valore dell’idea.

Sì, perché l’idea è una brutta bestia: se ne sta buona buona nei recessi remoti del cervello, finché tutt’a un tratto, per qualche ignoto motivo, non decide che è giunto il momento di stiracchiarsi e uscire a farsi un giretto in centro, e a quel punto è finita, perché non si riesce più a togliersela di torno. Ma quel che è peggio, è che l’idea, in tutti questi anni di evoluzione, è riuscita pure a trovare dei modi per trasmettersi, andando ad infettare altri cervelli, se trova le condizioni adatte e un affitto conveniente.

Ora, in che modo queste idee si diffondano, è tuttora un mistero: tagliando in due l’umanità con un coltello dal filo piuttosto scadente, si possono trovare da una parte i cosiddetti conservatori, che proprio non vedono di buon occhio questo virus che si diffonde con tanta facilità stravolgendo tutti gli equilibri preesistenti, e che quindi solitamente si aggrappano a non più di un paio di esse alla volta, ormai testate e consolidate, divertendosi a smontare e ridicolizzare quelle nuove; dall’altra invece se ne stanno i rivoluzionari, che al contrario le idee se le vanno proprio a cercare, spesso tenendone assieme perfino di incompatibili, con nella maggioranza dei casi una gran confusione come risultato.

Sia che si appartenga all’uno o all’altro gruppo, comunque, pare che avere a disposizione una fonte fertile di idee fresche fresche, in fin dei conti, male proprio non faccia, e che il modo migliore per far saltar fuori nuove idee sia porsi e porre delle domande. Chiaramente le domande giuste.

Quindi: perché diavolo un pinguino dovrebbe sbattere le ali, se tanto non può volare?

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