giovedì

Il fallimento del pinguino

Ei, ferma tutto! E se qualcuno stesse seguendo con interesse la saga più che avvincente del nostro disgraziatissimo pinguino, che abbiamo fin'ora narrato con dovizia di particolari e impegno quasi quotidiano, ormai giunta al sesto episodio? Non sarebbe un vero peccato, allora, troncarla in modo così brutale e, diciamolo pure, eccessivamente protervo? La storia, in fondo, promette bene e lascia intravedere spumeggianti sviluppi tra i ghiacci dell'eterno inverno antartico: un viaggio attraverso l'oscurità materiale e razionale, alla scoperta di nuove metaforiche terre fertili...
Riuscirà lo squassante pinguino, sorretto e consigliato dai suoi tre sodali, a sovvertire le leggi bio-fisiche? Lo vedremo staccarsi da terra, con goffi ma risoluti saltelli da gallina, diretto chissà dove, lassù? O, invece, egli fallirà, nuovamente e definitivamente?
E poi, una volta appresa l'arte del volo, come sceglierà di servirsene? Sarà per lui uno strumento di conoscenza? O un'arma da usare contro chi l'ha precedentemente deriso?
E cosa scoprirà il pinguino? Dove volerà? Quale sarà la sua reazione alle incredibili e variopinte nuove terre in cui atterrerà?
Come tratterà con gli indigeni? Il suo sarà un atteggiamento pacifico o bellicoso? Si ritroverà forse a fare il pinguino imperatore?
Queste, io credo, sono solo alcune delle domande che frullano per la testa dei nostri venticinque lettori di manzoniana memoria (che sembrano tener botta, nonostante i reumatismi e tutti gli altri disagi legati ad un'anzianità esagerata).

e mentre l'Autore si perde in sciocche riflessioni, il pinguino e i suoi compari rimuginano sulla più notevole questione che l'antartide abbia mai affrontato: la meccanica del volo. il mondo ha lanciato loro una sfida ed essi l'hanno raccolta.
 - dovremmo provare con più rincorsa!
- serve un'altezza di lancio superiore!
- è il nostro peso il problema: bisogna dimagrire!

passano così i giorni e le notti, tra i ghiacci polari, senza che i reiterati esperimenti portino a conclusione alcuna. i quattro pinguini, pur mantenendo l'impegno, stanno lentamente perdendo la speranza.

Ok, basta. A nessuno può interessare un racconto del genere. Non c'è trama: viene improvvisamente presentata una situazione bizzarra, da cui scaturisce un problema, e poi si allunga il brodo con un'infinità di deliranti riflessioni piuttosto autoreferenziali; i personaggi sono decisamente caricaturali e anonimi; l'ambientazione è geograficamente (ma non storicamente) definita, eppure si ha l'impressione che gli elementi del paesaggio più caratteristici vengano rievocati di tanto in tanto al solo scopo di riempire la pagina e accumulare materiale; lo stile non merita nemmeno d'essere analizzato: basti notare l'uso tendenzialmente libero (o casuale?) della punteggiatura e lo strano rifiuto per le lettere maiuscole. Si è portati a concludere, in sostanza, che l'esperimento del pinguino sia fallito in partenza: non è decollato, non vola e nessuno sembra pronto a scommettere un centesimo sul fatto che prima o poi ci possa riuscire.

E, tuttavia, il pinguino continuerà a sbattere le ali. Non si sa mai.

mercoledì

La Serendipity del pinguino

Cos’era successo?

improvvisamente tre macchie di colore erano emerse in superficie, staccandosi dalla grigia monotonia dello sfondo. in mezzo a quel piatto mare d’indifferenza alcune note avevano preso a stonare, come pixel mal funzionanti in un televisore.

gli occhi ancora gonfi dal pianto cominciano a brillare di una nuova luce: c’era riuscito, aveva raggiunto il suo scopo. certo, non erano che tre cellule impazzite in un organismo ben più vasto, e quindi a malapena degne di nota, ma queste sarebbero state l’incipit, le prime tessere del domino, le radici di un tumore che avrebbe avuto la possibilità di crescere, crescere, finché non fosse stato abbastanza grande da porre la colonia di fronte a una scelta: estirparlo, oppure divenire parte di esso.

molto del futuro sviluppo di questa storia sarebbe dipeso dalle prossime azioni del pinguino: si sarebbe posto alla guida dei suoi nuovi tre compagni, rendendoli partecipi della sua utopia? oppure avrebbe preferito continuare da solo la sua battaglia contro la natura? avrebbe cozzato contro l’impossibilità fisica del volo, o non dandosi per vinto avrebbe continuato testardo a cercare nuovi modi per conquistare il cielo? ad essere sinceri, non saprei dirlo. ad essere veramente del tutto sinceri, a nessuno interessa scoprire l’esito della folle lotta di uno stupido pinguino disperso fra ghiacci dell’artico contro la forza di gravità.

piuttosto, ciò su cui davvero varrebbe la pena soffermarsi, è il valore dell’idea.

Sì, perché l’idea è una brutta bestia: se ne sta buona buona nei recessi remoti del cervello, finché tutt’a un tratto, per qualche ignoto motivo, non decide che è giunto il momento di stiracchiarsi e uscire a farsi un giretto in centro, e a quel punto è finita, perché non si riesce più a togliersela di torno. Ma quel che è peggio, è che l’idea, in tutti questi anni di evoluzione, è riuscita pure a trovare dei modi per trasmettersi, andando ad infettare altri cervelli, se trova le condizioni adatte e un affitto conveniente.

Ora, in che modo queste idee si diffondano, è tuttora un mistero: tagliando in due l’umanità con un coltello dal filo piuttosto scadente, si possono trovare da una parte i cosiddetti conservatori, che proprio non vedono di buon occhio questo virus che si diffonde con tanta facilità stravolgendo tutti gli equilibri preesistenti, e che quindi solitamente si aggrappano a non più di un paio di esse alla volta, ormai testate e consolidate, divertendosi a smontare e ridicolizzare quelle nuove; dall’altra invece se ne stanno i rivoluzionari, che al contrario le idee se le vanno proprio a cercare, spesso tenendone assieme perfino di incompatibili, con nella maggioranza dei casi una gran confusione come risultato.

Sia che si appartenga all’uno o all’altro gruppo, comunque, pare che avere a disposizione una fonte fertile di idee fresche fresche, in fin dei conti, male proprio non faccia, e che il modo migliore per far saltar fuori nuove idee sia porsi e porre delle domande. Chiaramente le domande giuste.

Quindi: perché diavolo un pinguino dovrebbe sbattere le ali, se tanto non può volare?

venerdì

Lo smarrimento del pinguino

Tre lunghissimi giorni sono passati da quella follia. tre lunghissimi giorni passati nel freddo della sua solitudine, abbandonato in un angolo come un fazzoletto sporco, rinchiuso nello scomodo, gelido igloo, oramai diventato l’unica protezione rimastagli da un mondo che non tollera simile tracotanza. e che lo deride, ridicolizzandolo a barzelletta da raccontare fra una testa di pesce e l’altra. etichettato a povero illuso che pretende di piegare le leggi del mondo, mal sopporta gli sguardi compassionevoli dei suoi genitori: “nostro figlio è una tale delusione” legge nei loro volti, “e dire che era un pinguino così promettente”. sconsolato, triste, abbandonato, solo, inchiodato al suolo dal suo fallimento: fissa le fasciature sulle sue ali, come se queste non gli appartenessero, appendici morte che l’hanno tradito proprio nel momento del bisogno. “dove ho sbagliato?” pensieri pesanti come macigni “cosa è andato storto?” finché un terribile dubbio comincia a prender forma nella sua mente: “forse è davvero impossibile, volare?”

la solidità del sospetto lo schiaccia, lo soffoca, mentre tutte le sue sicurezze sono soffiate via come neve nel vento artico. desolato getta gli occhi a terra, esausto si abbandona a un pianto liberatorio, nel quale sfoga tutta la sua disperazione, il suo sconforto per una natura crudele che l’ha sedotto, illuso e poi ingannato, abbandonandolo coi cocci del suo sogno.

ma è proprio nell’oscurità più cupa che la luce rifulge più forte. tre colpi lo riportano alla realtà, riempiono d’aria i suoi polmoni: “andate via!” la sua voce risuona stridula, spezzata; i colpi si ripetono con più insistenza. lentamente si asciuga le lacrime, e come un sacco vuoto il pinguino si trascina rassegnato fino alla porta, strusciando i piedi palmati: sulla soglia lo aspettano tre suoi compagni. timidi, goffi, i tre saltellano nervosi sulle pinne e si massaggiano il collo; uno di loro lo conosce: da piccolo era solito giocare con lui sullo scivolo di ghiaccio.
-che volete? - sbotta sgarbatamente
-ti abbiamo visto, sulla montagna
-e quindi? - già si aspettava l’ennesima risata canzonatoria
silenzio. i tre si scambiano gli sguardi, si fanno un cenno con la testa. poi, con tono impacciato ma risoluto:
-anche noi vogliamo volare.

il pinguino sbarra gli occhi, meravigliato.
pessere? nel silenzio dell’indifferenza emerge un rumore ovattato.

domenica

l'acrostico del pinguino

la folla, immobile ma improvvisamente risvegliata, osserva con ottuso stupore il pinguino che, spalancate le ali, pare cavalcare il vento
alcuni mormorano: “pazzo”; altri si interrogano sul significato di quel gesto, si chiedono se ce la farà, se riuscirà a volare o se, invece, sia destinato al fallimento; altri ancora contemplano la scena con lo stesso disinteresse con cui prima fissavano pigramente il vuoto
ce l’ho fatta, pensa il pinguino, sto volando, esulta il pinguino; chissà dove mi porterà questo vento, si chiede il pinguino, chissà quali terre inesplorate mi attendono al di là della scogliera ghiacciata, al di là dell’immenso mare azzurro
al di là dei confini del nostro mondo
da dove arrivano i pesci? dove tramonta il sole? potrò finalmente rispondere a queste domande, pensa il pinguino, e ci crede
un’avventura nell’ignoto, ecco cosa lo attende
tuttavia il pinguino non può fare a meno di notare che qualcosa non sta andando come dovrebbe: il vento lo sta trascinando verso l’orizzonte, impossibile negarlo, ma le sue ali, seppur scosse con vigore, non lo sostengono come sperava; il pinguino perde quota, lentamente ma inesorabilmente
accade: il pinguino cade
determinazione, allenamento e fiducia nella propria intuizione non sono bastate al pinguino
ed eccolo riemergere dal mare, zuppo d’acqua ghiacciata e piegato da delusione ancor più gelida, straziato dalla prova del suo errore ancor più che dal dolore fisico
la folla, immobile, osserva con ottuso stupore il pinguino che, a capo chino e con le ali nuovamente adagiate ai lati del corpo, si allontana barcollando verso il suo igloo
povero sciocco”, è il commento di molti, “non sa che le nostre ali non sono fatte per volare, ma per nuotare?”
il pinguino, che ha già raggiunto la sua abitazione, si volta per un attimo e vede i suoi simili, i suoi compagni, immobili nella neve; li guarda, loro lo guardano: difficile pensare che siano della stessa specie, il malconcio pinguino in piedi sull’uscio e i pinguini impettiti al centro della piana ghiacciata
non bisogna tentare di oltrepassare i limiti posti dalla natura: ecco cosa succede a chi ci prova!”, strilla qualcuno
gliel’avevano detto, in fondo; l’avevano avvisato: cosa si aspettava? aveva davvero sperato di rendere possibile l’impossibile?
un terribile senso di sconforto grava ora sul pinguino che, mestamente, si chiude alle spalle la porta dell’igloo, mettendosi al riparo da risate e insulti
i pinguini immobili lentamente dimenticano il bizzarro evento e tornano a fissare il gelido nulla che li circonda
neve, ghiaccio, pesci e onde spumose: questo è il loro mondo - ed è abbastanza per tutti loro
o forse no?

lunedì

il gesto del pinguino

come volare?
come insegnare agli altri a volare?
quante idee geniali sono morte solo perché non hanno trovato terreno fertile ove attecchire, crescere, svilupparsi, diffondersi?
l'idea è niente: parole al vento, lampi fugaci di scariche elettriche che cavalcano sinapsi in frazioni di tempo infinitesime, destinati ad esaurirsi nel rumore bianco
necessaria è l'azione
i pinguini ragliano la monotona nenia di ovvietà quotidiane; inizialmente gli occhi di piombo, velati da troppo tempo dall'assenza di meraviglia, nemmeno percepiscono quel puntino nero che lento ma deciso si allontana dal gruppo, e si arrampica ciondolando sulla grande e cupa montagna di ghiaccio
riecheggia una nota estranea, spezzando la grigia cantilena; un becco d'un arancio fulgido si volta a indicare quel singolo moscerino appena intuibile nella distesa di bianco e d'azzurro, subito seguito dagli altri suoi simili
attesa, e silenzio. il silenzio stupido e falso delle cicale d'estate
il pinguino scruta sotto di sé, dall'alto della montagna di ghiaccio, e vede il mare e sente lo sguardo vitreo dei suoi compagni fisso su di lui. le sue ali fremono, risvegliate dopo quel millenario atavico torpore da questo gesto inconcepibile
allunga il piede palmato oltre il bordo dello strapiombo, lo vede risaltare contro il blu profondo del mare: le sue ali cavalcheranno il vento gelido, sfideranno la forza di gravità, lo faranno librare sopra le distese ghiacciate, risveglieranno le coscienze sopite dei suoi fratelli
il pinguino sorride, e si lascia trascinare nel vuoto

giovedì

la meta del pinguino

era iniziato tutto con una domanda, che bussò inaspettata alla sua mente in un giorno come tanti: "a che servono le mie ali?"
-"a manenere l'equilibrio" rispondevano i suoi amici, subito prima di lanciarsi nello scivolo di ghiaccio
-"a nuotare più veloce" chiosavano i suoi genitori, tornando a masticare svogliatamente del pesce
ma lui dentro sé sapeva che erano destinate ad un più alto e nobile scopo
fu così che il volo divenne il suo unico obiettivo, la sua missione
un giorno, i pinguini avrebbero ricominciato a volare

mercoledì

il (primo) volo del pinguino

c'era una volta un pinguino che viveva in un comodo igloo
aveva il becco arancione, il dorso nero e la pancia bianca, come tutti gli altri pinguini
in realtà, però, questo pinguino era diverso
e questo perché, ogni tanto, lui volava